Nella tradizione filosofica degli antichi i quattro elementi erano considerati come le radici di tutte le cose e le loro diverse combinazioni erano all’origine dei diversi aspetti dell’universo che ci circonda e degli oggetti che lo popolano.
Nei racconti pubblicati in questo libro il richiamo ai quattro elementi è ispirato da un uso eminentemente metaforico, perché l’autore vi individua altrettanti modi di affrontare la complessità dei nostri rapporti con il mondo.
Storie di gente comune, dunque, alle prese con i problemi di sempre: i patimenti generati dalla malattia, il conflitto con i pregiudizi che inquinano l’aria che respiriamo, la solitudine indotta dalla vecchiaia, l’erosione della memoria con il passare del tempo. Temi affrontati da Bonomi in uno stile asciutto, con una scrittura limpida che favorisce un forte rapporto di empatia con i personaggi al centro di queste storie.
La vergogna è un sentimento che spesso grazia i colpevoli mentre punisce gli innocenti, spiega uno dei personaggi chiave nelle vicende narrate in queste pagine. Succede spesso, infatti, che la gente provi un gusto perverso nell’infierire su ciò che non rientra in un certo quadro di norme condivise all’interno di una comunità, grande o piccola che sia. E a sollecitare questa attenzione morbosa per il diverso può essere un tratto somatico, un’appartenenza culturale, o anche un orientamento sessuale, come accade qui. Al centro della narrazione, ambientata idealmente in una città di provincia verso la fine degli anni 50, è un piccolo gruppo di liceali con il culto dei libri e una visione elitaria della vita. Le loro esistenze vengono sconvolte in seguito a un episodio sul quale si accanisce un chiacchiericcio contagioso, con un esito drammatico descritto nelle ultime pagine del libro con una prosa asciutta, di grande efficacia emotiva. Una figura chiave, nell’impianto del libro, è rappresentata dal nonno del narratore, che nella pratica quotidiana e nelle pagine di un taccuino cerca di indicare al nipote percorsi alternativi rispetto all’intolleranza dilagante. Ed è proprio in questo dialogo a distanza che troviamo le pagine più toccanti dell’opera.
A un professore universitario in pensione viene diagnosticata una malattia neurodegenerativa. Da quel giorno è costretto a confrontarsi con una nuova identità, che si affianca alla sua. Decide così di rendere conto di questa realtà attraverso la scrittura, allestendo una narrazione in cui si alternano le vicende di personaggi reali o immaginari, ciascuno con la propria storia e la propria voce: una piccola galleria di eroi esemplari attraverso cui illustrare un atteggiamento “dignitoso” nei confronti della malattia e trasformare la narrazione di un percorso personale in una riflessione disincantata sul declino che attende ogni organismo alle prese con il gran gioco della vita. La conclusione naturale di questo itinerario è un dialogo con la malattia stessa. Mr Myself, alterego dichiarato, e Mr Parky, la malattia, affrontano attraverso il filtro dell’ironia i temi inevitabili di sempre: la libertà, il destino, la fragilità del corpo di fronte alle ingiurie del tempo.